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Daniele Peluso

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Fotografia, scrittura, minimalismo, voli pindarici, nebbie ed utopie.

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Tag: minimalismo

La minimal art è la principale tendenza che negli anni sessanta fu protagonista del radicale cambiamento del clima artistico, caratterizzata da un processo di riduzione della realtà, dall’antiespressività, dall’impersonalità, dalla freddezza emozionale, dall’enfasi sull’oggettualità e fisicità dell’opera, dalla riduzione alle strutture elementari geometriche.
Il termine fu coniato nel 1965 dal filosofo dell’arte inglese Richard Wollheim nell’articolo intitolato, appunto, Minimal Art, all’interno della rivista Arts Magazine. Egli parla di “riduzione minimale”, ma nel senso del contenuto artistico, relativamente a lavori dove entrano in gioco oggetti al limite indistinguibili dalla realtà quotidiana, oppure forme ed immagini con valenze anonime e impersonali, citando da un lato i ready-made di Duchamp, che sono un punto di riferimento fondamentale per quello che riguarda la componente concettuale di ogni operazione riduzionista, e dall’altro Reinhardt, dal quale trae l’aspetto relativo alla riduzione purista della pittura e la sua concezione dell'”arte per l’arte”, tesa all’eliminazione di tutto ciò che viene percepito come non essenziale.
Il minimalismo in letteratura è caratterizzato dall’uso economico delle parole e dalle descrizioni superficiali. Gli autori minimalisti evitano gli avverbi e preferiscono lasciare al contesto il ruolo di definire il significato. Ci si aspetta che i lettori prendano parte alla creazione della storia, che scelgano da che parte stare in base a indizi obliqui e allusioni, piuttosto che seguire alle direzioni proposte dall’autore. I personaggi di romanzi e storie minimalisti tendono ad essere piuttosto normali; possono essere venditori o allenatori di seconda categoria, famosi investigatori o individui incredibilmente ricchi.
Alcuni romanzi gialli degli anni quaranta di autori come James M. Cain e Jim Thompson usavano uno stile narrativo scarno e diretto con grande effetto; secondo alcuni, questo stile può essere considerato minimalista.
Un’altra corrente di minimalismo in letteratura nacque in risposta alla meta-fiction in voga negli anni sessanta e inizi anni settanta (John Barth, Robert Coover, William H. Gass). Questi scrittori usavano anch’essi una prosa spoglia e si mantenevano psicologicamente distanti dal soggetto della narrazione.
Scrittori che sono stati associati al minimalismo in alcuni periodi della loro carriera includono i seguenti: Raymond Carver,
Chuck Palahniuk, Ernest Hemingway, K.J. Stevens, Amy Hempel, Bobbie Ann Mason, Tobias Wolff, Grace Paley, Sandra Cisneros, Mary Robison, Frederick Barthelme, Richard Ford e Alicia Erian.
Poeti americani come William Carlos Williams, il primo Ezra Pound, Robert Creeley, Robert Grenier, e Aram Saroyan sono a volte identificati con uno stile minimalista. Il termine “minimalismo” è anche associato con i più brevi componimenti poetici, gli haiku, originari del Giappone man mano che si sono trasferiti nella letteratura inglese grazie a poeti come Nick Virgilio, Raymond Roseliep, e George Swede.
Uno degli scrittori francesi che si inserisce perfettamente nella corrente minimalista è senz’altro il francese Christian Oster. L’opera in cui tale corrente viene esaltata maggiormente, è Mon Grand Appartement in cui il protagonista Luc Gavarine perde la sua cartella la quale ha un’enorme funzione psicologica, in quanto egli si sente nudo, trovandosi privato di un oggetto che gli conferiva forza.
L’autore irlandese Samuel Beckett è anch’esso conosciuto per i suoi lavori minimalisti.

da wikipedia

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