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Tag: esposizione
In fotografia il termine esposizione indica la quantità totale di luce che nel suddetto periodo passa attraverso il sistema ottico. L’esposizione si misura in EV (valore di esposizione) ed è determinata con l’ausilio dell’esposimetro.[1]
Spesso, impropriamente, ci si riferisce all’esposizione indicando il tempo di esposizione, ovvero il tempo durante il quale l’elemento sensibile (pellicola fotografica, per la fotografia tradizionale o sensore elettronico, per quella digitale), resta esposto alla luce che passa attraverso il sistema ottico (obiettivo).
L’esposizione è definita come:
esposizione = intensità luminosa × tempo[2]
e pertanto dipende dalla combinazione tra le impostazioni del diaframma, che regola l’intensità luminosa, e del tempo di esposizione. La relazione che intercorre tra questi due elementi è definita quindi come reciprocità. A parità di condizioni di luce si ottiene la stessa esposizione se aumentando un termine se ne diminuisce un altro dello stesso fattore. In particolare, fissata una data esposizione, diaframma e tempo sono inversamente proporzionali.
Bisogna però tenere presente che, mentre per i tempi si usa una scala in cui ogni termine è la metà del precedente (es. 1 s, 1/2 s, 1/4, 1/8, 1/16 ecc…), per i diaframmi la scala ha una progressione pari alla radice quadrata di 2: f/1,4, f/2, f/2,8, f/4, f/5,6, f/8, f/11, f/16, f/22, f/32 nella quale il primo termine rappresenta l’apertura maggiore. Essendo il diaframma in funzione del diametro della pupilla di ingresso, o meglio del suo reciproco, questa scala fa sì che ad ogni intervallo, detto stop, corrisponda un raddoppio della superficie e quindi della luce.
Infine il mezzo sensibile ha una sua caratteristica di “impressionabilità”, detta velocità o sensibilità: più alta è la sensibilità, minore è l’esposizione necessaria per ottenere lo stesso risultato finale. Anche in questo caso, la relazione è inversamente proporzionale: a parità di luminosità rappresentata nell’immagine finale, sensibilità ed esposizione sono inversamente proporzionali.
Ne consegue che modificando uno dei tre parametri (diaframma, tempo, sensibilità) si dovrà correggere uno degli altri due in modo da compensare la variazione. Quindi se si vuole dimezzare il tempo occorre aprire di uno stop il diaframma o raddoppiare la sensibilità. Se si vuole chiudere di uno stop il diaframma occorre raddoppiare o il tempo o la sensibilità. Se si vuole usare una sensibilità pari alla metà occorre raddoppiare il tempo o aprire di uno stop.
Ad esempio, portando il tempo da 1/250 a 1/500, quindi dimezzando l’esposizione (fattore = 1/2), si può scegliere se aprire il diaframma (in questo caso fattore 1,4), oppure raddoppiare la sensibilità della pellicola o del sensore elettronico (fattore = 2, reciproco di 1/2). Nel primo caso la quantità totale di luce che colpirà la pellicola (l’esposizione) sarà la stessa; nel secondo, la quantità di luce sarà dimezzata, ma la pellicola avrà una sensibilità doppia e necessiterà quindi di metà della luce per lo stesso risultato. Ad esempio la terna di valori ISO 100-f/5,6-1/60 dal punto di vista dell’esposizione è equivalente alle seguenti:
ISO 100-f/8-1/30
ISO 100-f/4-1/125
ISO 100-f/11-1/15
ISO 100-f/2,8-1/250
ISO 200-f/8-1/60
ISO 200-f/11-1/30
ISO 200-f/4-1/250
ISO 400-f/8-1/125
ISO 400-f/5,6-1/250
ISO 3200-f/11-1/500[3]
Questa caratteristica permette un elevato controllo sul risultato fotografico. L’uso di una o dell’altra terna, pur garantendo la stessa esposizione equivalente, per quanto riguarda altri aspetti non dà gli stessi risultati fotografici: infatti all’aumentare dell’apertura del diaframma diminuisce la profondità di campo della foto, mentre all’aumentare dei tempi di esposizione aumenta il rischio dell’effetto mosso. Inoltre all’aumentare della sensibilità aumenta la granularità dell’immagine per effetto della grana nel caso della pellicola, e del rumore elettronico nel caso del sensore di una macchina digitale.
da wikipedia